Gli imperatori romani più malvagi

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imperatori romani

Gli imperatori romani più malvagi e spietati, chi furono questi uomini?

Fra i simboli della grande Roma imperiale che campeggiano nell’immaginario collettivo spiccano sicuramente gli imperatori romaniimperatori romani, l’impersonificazione del potere assoluto. Temuti, venerati e acclamati negli anni del loro dominio, sono stati dai posteri giudicati sulla base più oggettiva delle loro azioni. Ma quanto è davvero obiettiva la nostra disamina? Probabilmente, basandoci sui valori  moderni, gli imperatori romani risulterebbero tutti malvagi, folli e spietati, accecati da potere e ricchezze. Esprimere un giudizio morale su uomini vissuti 2000 anni fa, sulla scorta di testi a volte lacunosi, è un’operazione molto complessa. Tuttavia, alcuni fra loro vessarono il popolo e non conobbero pietà per i nemici, o per chi era sospettato di esserlo, tanto da essere ritenuti dei mostri anche dai loro contemporanei

Questi uomini oggi sono ricordati più per la loro dissoluta condotta morale che per i meriti strategici o politici.
Ecco la lista degli imperatori romani più crudeli e malvagi della storia (in ordine temporale)

Gaio Caligola

Nato nel 12 d.C, regnò fra il 37 e il 41.
I quattro anni dell’impero di Caligola furono caratterizzati dal terrore e dall’aggravarsi della sua sanità mentale, i cui malefici effetti si riflettevano su Roma e sul suo popolo. Sembra infatti che l’improvvisa esplosione di crudeltà di Caligola fosse attribuibile proprio a una psicosi, non diagnosticabile con le conoscenze dell’epoca. Nel 38 mandò a morte il suo fidato prefetto Macrone e un suo potenziale rivale, Tiberio Gemello. Durante il suo governò esacerbò all’estremo, senza mai dissimulare il suo egocentrismo, il concetto della divinizzazione dell’imperatore. Ordinò che tutti i luoghi di culto dell’impero venissero trasformati in templi a lui dedicati. La sua sessualità era stata estremamente minata dalla malattia, lo storico Svetonio scrive che Caligola era avvezzo a  rapporti sessuali incestuosi con le sue sorelle, omosessuali e pederasti. Mostrava cambi d’umore repentini, ed era fortemente insicuro sulla sua calvizie, al punto da andare in escandescenza all’idea che qualcuno notasse i suoi capelli diradarsi. Secondo l’aneddotica, fu proprio Gaio Caligola l’imperatore romano ad aver nominato senatore il suo cavallo. Nonostante questo, sembra che quando la malattia non prevaleva sulla sua personalità, Caligola avesse incredibili doti oratorie e fosse uomo capace di riflessioni lucide e pregne di sano realismo.

Nerone

Lucio Domizio Enobarbo, più comunemente Nerone, fu il quinto e ultimo imperatore della dinastia Claudia. Governò fra il 54 e 68 d.C.
Succedette a Claudio, ma a causa della sua giovane età il primo anno del suo impero fu la madre Agrippina a provvedere alla gestione dell’impero. Ben presto Nerone prese però il sopravvento sulla sua tutrice, allontanandola prima dalla politica, poi da Roma, ed infine uccidendola. Il matricidio a quel tempo non venne visto come un crimine efferato da parte dei senatori, che non seppero scorgere i segnali della sua crudeltà. Eppure, durante i primi anni del suo regno sotto la guida di Seneca e di Afranio Burro, l’imperatore aveva governato con capacità critica e onestà morale. Nerone era un’artista, poeta e cantante, sensibile ai fasti dell’antica Grecia cosa che dai suoi contemporanei era vista con sdegno, ben più del matricidio. I suoi rapporti col senato si deteriorarono quando il prefetto del pretorio Tigellino iniziò a esercitare un’influenza maligna sulle scelte dell’imperatore. Divorziò dalla moglie Ottavia e la fece uccidere, quindi, ossessionato dall’idea che qualcuno potesse tramare ai suoi danni, mandò a morte o in esilio tutti i possibili colpevoli. L’estremo atto di crudeltà di Nerone ci viene riportato da Tacito, che attribuisce all’imperatore l’incendio della capitale nel 64. Nerone, che a detta degli storici ne fu artefice, incolpò della tragedia gli ebrei di Roma – inclusi i santi Pietro e Paolo – mandandoli a morte. Questi fatti sono peraltro raccontati nel film “Quo vadis?”, in cui il ruolo di Nerone è interpretato da Peter Ustinov.
l’imperatore morirà suicida, nel 68, durante una rivolta del popolo di Roma. Tuttavia gli storici moderni hanno notevolmente ridimensionato la figura del Nerone tirannico, attribuendo molte delle sue efferatezze a una scarsa onestà delle fonti storiche.

Domiziano

Tito Flavio Domiziano fu il secondogenito di Vespasiano e governò Roma per 15 anni, dall’81 al 96 d.C. A differenza dei due precedenti imperatori romani, Domiziano non palesò mai evidenti sintomi di follia, fu anzi uno fra i migliori amministratori di Roma, a detta finanche dello storico Svetonio che umanamente lo dipinge come un mostro.
Domiziano fu amato dall’esercito ed instaurò dei controlli rigidi e severissimi sui costumi di Roma e la legalità dei suoi governanti. La sua austerità tuttavia si riflesse in maniera terribile sui cittadini. Alcuni furono condannati a morte per dubbia condotta morale, altri torturati o esiliati. Cornelia, una vestale sospettata di mantenere rapporti con più uomini contemporaneamente, fu murata viva in un sotterraneo e i suoi amanti bastonati a morte.
Domiziano, sebbene si considerasse l’unico e incontrastato sovrano di Roma, mostrò una venerazione assoluta per l’antica religione di Roma, che di rimando lo portò a detestare il giudaismo e  gli ebrei, perseguitati con l’accusa di ateismo o scarsa religiosità.
A seguito della tentata congiura di Saturnino,  divenne morbosamente sospettoso e paranoico, al punto da mandare morte tutti i  possibili nemici. Effettivamente, i suoi timori erano fondati: nel 96 Domiziano morirà assassinato.
Il giudizio degli storici lo premia da un punto di vista politico, ma lo condanna sotto quello umano. Svetonio lo descrive crudele e privo di qualsiasi sentimento umano, dedito solamente al culto della sua persona e indifferente al dolore altrui, mentre Plinio traccia il profilo di un uomo a cui oggi sarebbe stato diagnosticato un gravissimo esaurimento nervoso.

Commodo

Lucio Aurelio Commodo governò su Roma per 12 anni, dal 180 al 192. Non appena ottenuto il comando di Roma, alla morte di Marco Aurelio, Commodo si sbarazzò di tutti i suoi possibili rivali, inclusa la sorella Lucilla. Non soltanto: Quinziano, l’uomo che avrebbe dovuto uccidere Lucilla, fu a sua volta eliminato perché non ebbe il coraggio di inferirle il colpo fatale. La sua megalomania non conosceva paragoni, si inimicò il senato e ordinò di mutare il nome di Roma in quello ben più autocelebrativo di Commodiana. Adorava i combattimenti fra schiavi e fra schiavi e belve feroci; egli stesso si considerava il migliore fra i combattenti, tanto che pretendeva di essere chiamato Ercole figlio di Giove. La sua fine fu la stessa che toccò  altri imperatori romani che si erano macchiati di superbia e cattiveria: assassinato dai congiurati.
La figura di Commodo è stata ripresa anche nel film “Il Gladiatore”.

Eliogabalo

Eliogabalo ottenne il potere giovanissimo, grazie anche alle abili manovre politiche della madre Giulia Mesa. Tuttavia le sue stravaganze e il suo carattere decisamente particolare lo portarono ad allontanarsi fin da subito dai suoi tutori. Governò fra il 218 e il 222, ma furono quattro anni assolutamente inutili per l’impero romano, che ne peggiorarono la crisi. Il giudizio degli storici è spietato, ma non sappiamo fino a che punto possa considerarsi veritiero: Eliogabalo è ritenuto incompetente, crudele e viziato. Non fece nulla per nascondere la sua omosessualità e l’amore per i fanciulli. Cassio Dione, suo contemporaneo, racconta che aveva l’abitudine di sostare nudo davanti l’ingresso della sua camera imperiale, ancheggiando come una prostituta d’alto borgo e richiamando con sguardi provocanti i passanti. L’imperatore inoltre provò a ripristinare il culto del Dio sole con celebrazioni costose e pacchiane, destando orrore fra i suoi contemporanei. Quando venne allontanato dal trono dalla madre a favore di Severo Alessandro, minacciò di ucciderlo. Tuttavia ad essere assassinato fu proprio lui.

Diocleziano

Fu al potere fra il 284 e il 305. Da un punto di vista amministrativo fu un imperatore che cercò di migliorare con riforme ed editti le precarie condizioni dell’impero romano. Creò la tetrarchia e dopo Augusto può essere ritenuto il più eccelso riorganizzatore dell’impero. Tuttavia è passato alla storia per la sua crudeltà e la spietatezza con cui  perseguitò i cristiani. Suo intento dichiarato era quello di estirpare definitivamente il cristianesimo dall’impero, cominciando dalla distruzione dei luoghi di culto e di tutti i testi sacri.

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