Fassina, convention al Teatro Palladium: “Qui per fare un partito politico”

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Fassina: convention al Teatro Palladium di Roma

Fassina: convention al Teatro Palladium di RomaStefano Fassina ha lasciato il Pd perché non si riconosce più in tale partito e per attriti con il premier Renzi. Ora l’ex dem vuole formare un nuovo soggetto politico. Lo ha ribadito ieri, durante una conferenza al Teatro Palladium di Roma, a cui hanno preso parte molti politici, come Nicola Fratoianni (Sel), Pippo Civati, e Sergio Cofferati.

“Siamo qui per fare un partito politico, chiamiamo le cose con il loro nome. Vogliamo essere, assieme ad altri, un affluente di un fiume che vuole misurarsi con una prospettiva di governo… Il Pd è un non partito. È stato doloroso lasciare il Pd. Se avessimo voluto conservare le poltrone avremmo seguito strade più felici”, ha asserito Stefano Fassina. Cofferati ha apprezzato il discorso dell’ex dem, sottolineando: “Serve generosità da parte di tutti, ognuno di noi può dare un contributo. La mia generazione non può rivendicare nulla ma deve mettere a disposizione di altri l’esperienza che ha accumulato, per costruire una nuova classe dirigente”.

Ha voluto dire la sua anche Pippo Civati: “Il Pd è ormai un partito di centro e per questo motivo c’è un grande spazio alla sua sinistra. Qui oggi ci sono storie diverse, secondo me la prima tappa è fare un movimento che abbia un profilo di governo, che mobiliti le persone e che scelga di organizzarsi in modo inedito“.

Nel suo lungo discorso, Fassina ha sottolineato: “Non vogliamo essere ancellari a nessuno e non fare alleanze tanto per farle, ma essere un riferimento e guida del centrosinistra”. Ora lo scopo dell’ex dem è la creazione di un partito che diventi un punto fermo per la sinistra italiana e che si metterà alla prova durante le elezioni amministrative del prossimo anno.

“Possiamo promuovere comitati su tutto il territorio e quindi costruire una forza per il cambiamento. Una forma-partito rimane lo strumento essenziale per aggredire la degenerazione morale delle classi dirigenti della politica. Senza fughe in avanti solitarie e inutili. Possiamo raccogliere le forze per una campagna referendaria da valutare insieme, anzitutto sulla legge per la scuola, e insieme a chi rappresenta insegnanti e studenti. Attraverso i comitati territoriali e una piattaforma di idee proviamo a raccogliere le risorse morali, le passioni civili, le energie e le competenze per costruire un soggetto politico all’altezza delle sfide. Lavoriamo insieme da oggi all’autunno per verificare le disponibilità e fare un percorso unitario. Il primo possibile banco di prova sono le elezioni amministrative della primavera 2016, quando tante importanti città saranno chiamate al voto. Può essere l’occasione per mettere in campo un’offerta politica unita e riconoscibile e guidare alla vittoria un centrosinistra oggi debilitato e sempre più lontano dal suo popolo”, ha sentenziato l’ex dissidente del Pd.

Stefano Fassina si è soffermato anche sul titolo di oggi de L’Unità, che ha imbarazzato non poco i giornalisti. Proprio a quest’ultimi l’ex dem ha voluto esprimere la sua vicinanza “perché tanti di loro si sono sentiti in grande difficoltà per il titolo che il loro giornale ha fatto oggi sulla Grecia. La libertà di stampa è sacra ma almeno nel rispetto delle libertà si tolga dal giornale la dicitura ‘fondato da Antonio Gramsci’. Fassina ha aggiunto che “si può avere una posizione diversa ma non ribaltare la realtà”.

Il nuovo partito di Fassina, di cui si saprà il nome solo in autunno sarà “aperto, plurale, laico e inclusivo”. A breve verranno realizzati i comitati costituenti sul territorio. Chi sono tutti quelli che faranno parte del nuovo partito politico di Fassina? “Intanto, siamo uomini e donne che hanno fondato e creduto nel Partito democratico. Ma siamo coloro che hanno lasciato il Pd. Tra il Pd e il popolo che è stato abbandonato dal Pd, noi che siamo qui abbiamo scelto il popolo democratico. E’ stato doloroso lasciare il Pd. E non è stato fatto per ragioni contingenti o per scarsa sintonia con chi pro tempore dirige il partito e presiede il governo. L’abbiamo fatto per ragioni di fondo: Renzi non è l’usurpatore del Pd, è invece l’interprete estremo e più abile della subalternità culturale e politica della sinistra italiana”.

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