Piagnisteo neonati altera cervello genitori

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Pianto bimbi modifica cervello genitori

Chi ha figli lo sa bene. Il pianto dei neonati, incessante e implacabile, mette a dura prova i nervi dei genitori. Il papà e la mamma, spesso, non sanno cosa fare quando sentono il loro figlioletto piangere, e vanno in bambola. Non solo, secondo un recente studio canadese, il pianto continuo dei neonati altera il cervello dei genitori. Ebbene sì, i vagiti mutano il funzionamento del cervello dei genitori. In sostanza, papà e mamma pensano e interagiscono in modo diverso. La sperimentazione è stata condotta su 12 volontari, a cui è stato chiesto di rispondere a diverse, semplici , domande come “dimmi il colore di una lettera disegnata sul foglio”, ovviamente dopo aver sentito bimbi piangere o ridere. Attraverso una elettroencefalografia è stata analizzata l’attività cerebrale dei volontari ed è stato scoperto che quelli che avevano sentito piangere erano più lenti e distratti rispetto a quelli che avevano sentito ridere. Tutto ciò apre la strada ad anticorpi per fronteggiare situazioni particolari. Uno degli autori dello studio, David Haley, operante presso l’Università di Toronto, ha dichiarato:

“Il pianto del bimbo può insegnare a genitori come concentrare l’attenzione dei genitori in modo più selettivo. E’ questa flessibilità cognitiva che permette di passare rapidamente dal rispondere alle difficoltà del bambino ad altre richieste che, paradossalmente, possono significare ignorarlo momentaneamente”.

Il piagnisteo dei neonati fa male dunque al cervello dei genitori, oltre ad avere un ‘impatto fisico’. Molti papà e mamme, infatti, quando sentono i figli piangere insistentemente si sentono in disagio, in panico, e molti avvertono tachicardia. I genitori dovrebbero quindi evitare che i bimbi piangano. Sappiamo bene che ciò è quasi utopico, soprattutto quando un bimbo ha pochi mesi. Il papà e la mamma possono cercare, comunque, di individuare la causa del piagnisteo che, nella maggior parte dei casi, è rappresentata dalla fame, dal sonno, o dal mal di pancia. Il pianto inconsolabile di un neonato o un lattante è, d’altronde, la naturale risposta a uno stimolo, che possono essere, ad esempio, il sonno o la fame. Prima di cercare di consolare il piccolo bisogna cercare di scoprire il motivo del pianto e se notate che la geremiade non si placa è meglio chiamare il pediatra, visto che il bimbo potrebbe avere un reflusso gastro-esofageo. Di solito sono i neo genitori inesperti i più ansiosi e paurosi quando il bebè piange ininterrottamente; chi ha più figli, invece, sa bene che il piccolo ha solo fame, sonno o qualche ‘colichetta’. L’importante è che i genitori ‘in erba’, presi da nervosismo, non scuotano forte il neonato perché potrebbero provocargli danni neurologici non indifferenti e, addirittura, ucciderli. Avete mai sentito parlare di sindrome del bambino scosso?

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