Antibiotici causano inquinamento idrico e ambientale

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Antibiotici causano inquinamento idrico e ambientale

L’Italia è al quinto posto in Europa per il consumo di questi medicinali: la somministrazione di questi farmaci avviene per prescrizioni sbagliate e perché sono gli stessi pazienti ad assumerli, curando sintomi influenzali febbrili causati da virus con antibiotici provocati dai batteri e immunoresistenza. Oltre all’organismo, dove finiscono quando ce ne liberiamo? Nell’ambiente, soprattutto nel Lambro: ecco come funziona l’inquinamento da farmaci, vero pericolo per la salute pubblica di Italia e del mondo intero.

Antibiotici e immunoresistenza batteri

La stagione dell’influenza sembra non finire mai, e secondo l’autorevole rapporto del Ecdc, il Belpaese è antibiotico dipendente. Un po’ perché sono gli stessi medici a favorire il consumo di questi medicinali anche solo per un banale raffreddore o mal di gola, ma anche i pazienti stessi tendono a farsi autodiagnosi e a curarsi da soli.

Il problema è che i sintomi e le malattie causati da virus vengono curati con farmaci antibiotici creati per curare infezioni batteriche. Lo dimostrano sempre i dati: il 37% delle persone contagiate da virus delle vie respiratorie hanno una prescrizione di antibiotici. L’Eurobarometro poi dà il colpo di grazia: solo un terzo degli italiani sa cosa significa immunoresistenza e che queste medicine non sono efficaci contro le malattie virali, tantomeno per raffreddore e influenza.

Un uso eccessivo e totalmente errato di questi medicinali ha delle serie conseguenze sull’organismo. I batteri patogeni nel corpo umano, attaccati, creano il fenomeno della resistenza agli antibiotici. Ma il corpo umano è una macchina straordinaria e ha previsto anche l’espulsione delle sostanze estranee attraverso feci e urine. Il problema, però, è che questi rifiuti si disperdono nell’ambiente circostante, dove possono trasmette la resistenza ad altri batteri. Secondo i dati dell’OMS, una delle sfide sanitarie più grandi è quella di affrontare la resistenza agli antibiotici.

Inquinamento idrico e resistenza antibiotici

Gianluca Corno conosce bene il problema, visto che è un ricercatore che studia i batteri nel Lago Maggiore  lavorando nella sede del Consiglio nazionale delle ricerche a Pallanza, una frazione di Verbania. I risultati fanno accapponare la pelle: nell’acqua esistono tredici batteri con immunoresistenza. Ha usato diversi antibiotici contro la polmonite, le infezioni urinarie, l’otite e quelli previsti dopo gli interventi chirurgici. Lo studioso ha scoperto che la concentrazione di questi organismi patogeni resistenti è più alta che nei bacini isolati. La correlazione tra la presenza di questo tipo di batteri nell’ambiente e la diffusione di malattie resistenti agli antibiotici è ampiamente dimostrata, ma i problemi sono ben altri. I batteri sono difficili da contrastare perché vivi, si muovono, comunicano e si riproducono velocemente. L’unica difesa è monitorarli, per ora.

Antibiotici e medicine nell’ambiente, i rischi

Se un corpo umano espelle tra il 30 e il 90% di principio attivo non assimilato, residui e batteri resistenti finiscono negli scarichi domestici e depuratori. Tuttavia, neanche le tecnologie più avanzate tendono ad effettuare una normale eliminazione. Col rischio di averli nell’acqua di rubinetto e della doccia. Questa materia è oggetto di studio dell’Istituto Mario Negri, che monitora le acque potabili di Milano. Tracce di antiepilettici e farmaci per regolare i livelli di colesterolo sono state trovate a concentrazioni molto basse quindi senza conseguenze per la salute umana, ma l’ambiente ne soffre.

Negli scarichi di tutto il mondo, ci sono oltre 600 principi attivi diversi e uno dei fiumi con alta concentrazione è il Lambro. Le acque sono così contaminate che i ricercatori dell’Irsa hanno scoperto esemplari di pesci maschi femminilizzati, che avevano sviluppato organi riproduttivi femminili e maschili. In Europa, la situazione non va meglio, visto che tracce di antidepressivi sono state trovate nelle acque tedesche. Sembra che questi medicinali soggetti a prescrizione medica siano causa del ritardo nello sviluppo di rane e carpe. Gli stessi pesci, per eliminare i residui superflui, sembra utilizzino un terzo della loro energia che potrebbero impiegare per comportamenti vitali come la ricerca di cibo, la difesa dai predatori e la riproduzione.

 

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