Concorsi pubblici: sarà rilevante ateneo di provenienza

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Concorsi, peserà anche ateneo di provenienza

Concorsi, peserà anche ateneo di provenienzaNon piace proprio a nessuno, o quasi, l’emendamento, che recentemente ha incassato l’ok della Camera, al ddl di riforma della pubblica amministrazione che dà peso, nel momento in cui si vuole accedere ai concorsi pubblici, non solamente al voto di laurea, ma anche all’ateneo di provenienza.

Il risultato di un sondaggio condotto da Skuola.net parla chiaro: 7 studenti su 10 sono contrari a dare peso anche all’ateneo di provenienza. Il 50% degli studenti, inoltre ritiene che una norma del genere contribuisca scolo a generare discriminazioni tra studenti. Insomma, studenti di serie A e studenti di serie B.

Alberto Campailla, portavoce di Link Coordinamento Universitario, ha detto: “Questa norma classista rappresenta un ulteriore attacco agli studenti e a quegli atenei, soprattutto del Sud, già oggi fortemente penalizzati per via delle scarsissime risorse che ricevono dal Fondo di Finanziamento Ordinario”.

L’Unione degli universitari invece sostengono che “si tratta, di fatto, di un forte indebolimento del valore legale del titolo di studio, che si sta facendo passare in sordina, con un vero e proprio colpo di mano”. Il presidente dell’Anief, Marcello Pacifico sottolinea: “Se questa norma diventa definitiva si violenteranno diversi principi costituzionalmente protetti, come la parità di accesso al pubblico impiego, il principio di uguaglianza e di ragionevolezza. Con il risultato che le università italiane, già in crisi di iscrizioni, diventeranno terreno per soli ricchi”.

Duro contro l’emendamento che dà peso all’ateneo di provenienza anche Mimmo Pantaleo, segretario generale Flc-Cgil, secondo cui “diminuiranno ulteriormente le iscrizioni, soprattutto nel Sud anche per l’assenza di una seria legge sul diritto allo studio. Siamo di fronte all’ennesima scelta classista del Governo a scapito dei figli delle persone che con grandi sacrifici mandano i propri figli alle università”. Neanche i rettori apprezzano la nuova norma. Stefano Paleari, presidente della Crui, ha ricordato che “se esiste il valore legale del titolo di studio la laurea deve pesare allo stesso modo. Oppure hanno pensato di intervenire abolendo il valore legale del titolo di studio?”.

Alquanto eloquenti le parole del rettore di Roma Tre, Mario Panizza: “Propongono la brutta copia del modello americano. Considero una boutade la media del voto dei singoli atenei come indice di serietà”.

Il Miur ha reso noto che “il tema del valore della laurea, data la sua delicatezza, deve essere inserito all’interno di una riflessione più generale che riguarda il mondo dell’università”. Su Facebook è intervenuto il dem Marco Meloni, artefice dell’emendamento che ha sollevato un enorme polverone: “ritengo opportuno precisare che la mia originaria proposta emendativa prevedeva semplicemente l’abolizione del voto minimo di laurea quale filtro per la partecipazione ai concorsi pubblici. Ciò sia in ragione sia della previsione – in altri miei emendamenti approvati ieri– di meccanismi concorsuali più moderni ed efficienti, sia della effettiva disparità di valutazioni tra classi di laurea omogenee nei diversi atenei. Il filtro selettivo verrebbe così lasciato interamente ai concorsi pubblici. Successivamente, nell’ambito di una riformulazione dell’emendamento presentata dal relatore del provvedimento d’intesa col governo, si è introdotto un criterio di delega rivolto a valutare il voto minimo di laurea in relazione a due parametri, da precisare comunque in sede di decretazione delegata: uno, forse eccessivamente ampio e tale da definire una differenziazione tra atenei, relativo a ‘fattori inerenti all’istituzione’, e un altro, certamente più chiaro e condivisibile, relativo al voto medio di laurea di classi omogenee di studenti. Credo sia opportuno, a questo punto, un supplemento di riflessione: se il governo e la maggioranza intendono mantenere questa impostazione, è necessario definire con maggiore dettaglio il criterio di delega e le intenzioni del governo sulla sua specificazione nel successivo decreto. In alternativa, ritengo che tornare alla mia proposta originaria possa consentire di raggiungere ugualmente un risultato positivo”.

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