Gabriele Muccino Critica Pierpaolo Pasolini: “Non Regista senza Stile”

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Gabriele Muccino Critica Pierpaolo Pasolini

Gabriele Muccino Critica Pierpaolo PasoliniIn questi giorni è stato ricordato il celebre scrittore, poeta, regista e attore Pierpaolo Pasolini con numerosi eventi, in occasione dei 40 anni dalla sua morte, avvenuta all’Idroscalo di Ostia. Pasolini ha avuto tanti amici e tanti detrattori. Molti, nonostante la sua grande preparazione e schiettezza intellettuale, l’hanno criticato aspramente. Oggi mette in forse la classe di Pasolini anche Gabriele Muccino, celebre cineasta italiano

 

“Ho criticato il Pasolini regista che ha di fatto impoverito e sgrammaticato il linguaggio cinematografico dell’epoca (altissimo sia in Italia che nel resto del mondo)”, ha dichiarato Muccino, che ritiene Pasolini un “non regista che usava la macchina da presa in modo amatoriale, senza stile, senza un punto di vista meramente cinematografico sulle cose che raccontava, in anni in cui il cinema italiano era cosa altissima, faceva da scuola di poetica e racconto cinematico e cinematografico in tutto il mondo”.

Il regista de “La ricerca della felicità”, dunque, ha riservato a Pasolini, o meglio alla capacità cinematografica di Pasolini, una feroce critica. Non finisce qui. Muccino ha sottolineato in un altro post: “Dimostratemi che mentre Pasolini girava Salò, Kubrick non avesse già realizzato 2001 Odissea nello Spazio e Fellini Otto e mezzo. Dimostratemi che la poetica di Pasolini si esprimesse al cinema quanto quella di altri scrittori come Zavattini, Guerra, Suso Cecchi D’Amico, Age e Scarpelli, ma soprattutto quanto la mano di altri registi, che, alla sua epoca, erano già monumenti del cinema mondiale e che influenzavano di fatto le più grandi cinematografie (Il Gattopardo di Visconti influenzò il Padrino di Coppola quanto i film di De Sica e Rossellini la formazione umana e professionale di Scorsese)”.

Gabriele dà la stoccata finale a Pasolini mediate queste parole: “Io ho criticato il Pasolini regista che ha di fatto impoverito e sgrammaticato il linguaggio cinematografico dell’epoca (altissimo sia in Italia che nel resto del mondo) per rendere (involontariamente) il mestiere del cineasta accessibile a chi di cinema sapeva molto poco o niente (come quasi tutti quelli che ora si divertono a deridermi o attaccarmi)”.

Gabriele, apprezziamo la sua sincerità e ci auguriamo che il suo lascito professionale supererà quello di Pasolini. Dovrebbe essere semplice, visto che, come lei stesso ha sottolineato, il regista di “Mamma Roma” ha “impoverito il linguaggio cinematografico nell’epoca”, no?

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