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Il riscatto dei precari e il diritto all’indennizzo

Da Redazione

Ottobre 30, 2018

Il riscatto dei precari e il diritto all’indennizzo

All’indomani della Circolare Madia precari arriva la possibilità di riscatto per i lavoratori precari del pubblico impiego. C’è infatti la possibilità di esercitare il diritto all’indennizzo, per un importo massimo di 50 mila euro, che possa in un certo qual modo sopperire alle mancanze causate dallo stato di precarietà.

Un’azione in tal verso, contro la Pubblica Amministrazione, è possibile grazie ai precedenti giudiziari che si sono creati dopo le numerose sentenze dei tribunali italiani ed europei a favore dei lavoratori. Perché una cosa simile? Semplice: nella PA non di rado dri verifica che i contratti a tempo determinato vengano rinnovati anche dopo i 36 mesi, nonostante la legge non lo consenta. In una simile situazione si crea una doppia arma che va in ogni caso a svantaggio del lavoratore: quest’ultimo nella speranza di essere inquadrato stabilmente accetta i continui rinnovi. Senza però considerare che il precariato in sé e per sé impedisce di beneficiare di diritti del lavoratore, impedisce lo scatto di carriera o qualsiasi altra cosa a suo vantaggio.

Riscatto dei precari: come fare

La prima cosa da fare è quella di rivolgersi a dei professionisti, degli avvocati per intenderci, che aiutino il lavoratore ad esercitare il proprio diritto di riscatto nei confronti degli enti pubblici. Questo ovviamente farà sì che il ricorrente si crei un quadro generale di quale sarà l’iter seguito (normalmente rappresentato da un ricorso al giudice del lavoro da depositare su base provinciale).

Per quel che concerne i requisiti, bisogna in primis essere stato assunto e aver prestato servizio nella Pubblica Amministrazione per un totale di tempo che supera i 36 mesi (ovviamente con contratto a tempo determinato). Altro requisito fondamentale è che si sia esercitata la medesima mansione o equipollente presso lo stesso reparto/o ufficio (e dunque datore).

Chi ha diritto al ricorso e quanto costa

Alla domanda “chi può fare ricorso” la risposta è palesemente scontata: chiunque abbia lavorato alle dipendenze della Pubblica Amministrazione. Che siano dunque impiegati al comune, alla regione o alla provincia, ma anche guardie forestali, insegnanti, educatori, personale ATA, maestre, docenti universitari, medici, operatori sanitari, infermieri. E ancora coloro che hanno prestato servizio presso Enel, ENI, Alitalia, Ferrovie dello Stato e così via.

Per quel che riguarda il costo del ricorso, normalmente va a discrezione del legale a cui si concede il mandato, anche se di solito c’è chi si fa pagare solo dopo aver raggiunto il risultato, nella misura del 25% sulla somma incassata e di quattro mensilità in caso di stabilizzazione.

Come si calcola il rimborso per il riscatto dei precari

Durante la fase di ricorso, il lavoratore può decidere per due strade: o ottenere la stabilizzazione del contratto oppure un risarcimento danni. Dal momento che la strada per la stabilizzazione è fin troppo lunga e non molto scontata (anzi il rischio di non ottenere nulla è alto) in molti optano per il diritto all’indennizzo. Questo perché di norma l’assunzione negli enti è per concorso e quindi ottenere l’inquadramento lavorativo desiderato sarebbe troppo difficile.

Il calcolo del rimborso avviene su delle operazioni non molto difficili: basta moltiplicare lo stipendio lordo percepito per 14 (12 stipendi più quattordicesima e tredicesima) e quello che viene lo si divide per 12. Il numero ottenuto, detto “ultima retribuzione globale di fatto”. Il numero ottenuto si moltiplica fino a un massimo ottenibile di 12 mensilità: ecco il risarcimento dovuto.

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