Manga, i fumetti giapponesi compiono 25 anni in Italia

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img1Dopo alcuni tentativi a cavallo tra la fine degli anni ‘70 e e l’inizio degli anni ‘80, sulla scia del successo dei primi cartoni animati, bisogna attendere il decennio successivo per la diffusione più capillare di una nuova forma di fumetto, il manga. Dopo un quarto di secolo, oggi continua a esser forte la passione per queste storie che arrivano dal Giappone.

Un vero e proprio fenomeno, legato quasi sempre al successo di una serie di anime (ovvero, come diciamo noi italiani, di cartoni animati). Parliamo dei fumetti e, per la precisione, di quelli realizzati in Giappone sotto il nome di manga, che rappresenta una vasta categoria che contiene, al suo interno, un’ampia serie di generi diversi tra loro. In cui spiccano i nomi dei più famosi “cartoni” degli anni Ottanta, spesso diffusi dalle tv private italiane degli albori.

Fenomeno non solo di costume. Ken il guerriero, Il grande Mazinga, Candy Candy, Lady Oscar, Holly e Benji sono solo alcuni degli anime che hanno accompagnato intere generazioni di italiani: all’epoca, quasi img2nessuno sapeva che originariamente si trattasse di adattamento televisivo di un prodotto cartaceo, mentre il fenomeno ha assunto proporzioni differenti grazie alla diffusione della Rete e ad alcuni manga che hanno conquistato il mondo intero, come Dragon Ball o più di recente Naruto, Detective Conan e One Piece.

I primi esordi sperimentali. Nel nostro Paese, ad esempio, alcuni pionieri avevano provato a lanciare anche la versione “fumettistica” di questi cartoni già sul finire degli anni ‘70 (come Fabbri editori con Il grande Mazinga, seppur rivisitato per eliminare scene violente), ma è a partire dai primi anni Novanta che i manga trovano spazio fisso in fumetteria, edicola e ora anche negozi di libri, a testimonianza di una diffusione a dir poco trasversale e capillare. E se inizialmente l’intero lavoro era adattato, compresa la modalità di lettura orientale, oggi tra le nostre mani questi fumetti hanno la stessa struttura di quelli giapponesi, e quindi vanno letti da destra verso sinistra, sia nella parte grafica delle vignette che in quella testuale.

Letture non solo per bambini. Il segreto del successo è dato dall’unione di storie interessanti e peculiarità artistiche e culturali, che affondano le radici in quella che in Giappone è considerata una forma narrativa fondamentale, di certo non “relegata” soltanto all’intrattenimento e di sicuro non destinata soltanto ai bambini. È stato questo, infatti, lo scoglio principale che le produzioni nipponiche – anche sotto forma di cartoni animati – hanno dovuto superare nel mercato italiano: emanciparsi dal semplice prodotto “per piccoli”. Eppure, basta guardare alcune tematiche e storie per capire quanto fossero “per adulti”.

img3Le censure di Candy Candy. Sono ad esempio ormai note le censure subite da “Candy Candy”, in particolare per le scene di nudo o baci ritenuti troppo espliciti per i ragazzi italiani e perciò tagliate dalla produzione e nemmeno doppiate; pochi sanno, però, che anche il finale è stato completamente travisato! Nella versione originale, infatti, Candy sposa Albert, ma le fan italiane dell’epoca preferivano il vecchio amico Terence, così come emerse da un sondaggio, e quindi i distributori decisero di intervenire direttamente sul cartone, e a forza di tagli e doppiaggio crearono un finale diverso per la love story.

Il finale di Ransie la strega. Finale aperto e misterioso anche per un altro manga che ha segnato gli anni Ottanta: come rivela il portale di informazione su cinema e animazione Popcorn Tv, nella versione tv di Ransie la Strega non si è mai realmente chiarita la provenienza dell’amato Paul, che non svela il segreto legato alle sue origini (si pensa, infatti, che possa provenire dal mondo magico, proprio come la streghetta Ransie). Diversa la situazione nel fumetto, dove invece si assiste a un lieto fine, con Paul che scopre effettivamente di essere “magico” e convola a nozze con Ransie.

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