James Salter è morto: narrò sogno americano in modo poco americano

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Lutto nel mondo della letteratura mondiale. Nelle ultime ore è venuto a mancare lo scrittore americano, James Salter. Aveva 90 anni. Tra i romani pubblicati negli ultimi anni ricordiamo “Una perfetta felicità” e “Tutto quel che è vita”.

Salter fu un grande pilota di caccia e lottò nella guerra di Corea. Il suo talento fu riconosciuto da ‘mostri sacri’ come Philip Roth, Saul Bellow, e Joseph Heller. A differenza di molti altri autori, però, Salter non si riuscì mai ad arricchire con la penna. Pare che lo scrittore abbia accusato un malore mentre stava facendo ginnastica a Sag Harbor nei pressi della sua abitazione di Bridgehampton, nello stato di New York.

James Salter scrisse il suo primo libro, “The Hunters”, nel 1956. Al romanzò si ispirò il regista de “I cacciatori”, film con Robert Mitchum. Lo scrittore americano, classe 1925, nacque a New York e frequentò l’accademia militare di West Point. Riuscì clamorosamente a sopravvivere allo schianto del suo aereo da addestramento. La passione per la scrittura si impossessò di Salter dopo il trasferimento in Francia, nazione dove venne ambientato “A sport and a pastime”, romanzo conosciuto in Italia col titolo “Un gioco e un passatempo”. James si dedicò pienamente alla scrittura dopo l’addio all’aeronautica.

Vale la pena rammentare le parole scritte da Richard Ford nella prefazione del suo libro “Una perfetta felicità”: “È una professione di fede tra i lettori di romanzi che James Salter scrive frasi americane meglio di chiunque altro”.

Salter fu apprezzato da tanti scrittori, non solo americani, come John Irving, Richard Ford, Jhumpa Lahiri, Reynold Price, Joyce Carol Oates e Bret Easton Ellis. I critici statunitensi lo biasimarono diverse volte perché decise di lavorare per il cinema. La scelta gli permise di guadagnare molto denaro. James curò la sceneggiatura di film non straordinari che lui stesso bollò come “spazzatura”, ovvero “La virtù sdraiata”, “Gli spericolati”, “A cuore aperto” e “Noi tre soltanto”.

Il motivo per cui Salter verrà ricordato è perché ha saputo egregiamente narrare il sogno americano in maniera non molto americana, ossia mediante lo sconforto. Qualche anno fa, tutti credevano che James avesse definitivamente appeso la penna al chiodo; invece, lui sbalordì tutti e fece uscire “Tutto quel che è la vita”, che secondo molti rappresenta il suo capolavoro.

Un giornalista della Paris Review chiese a Salter perché scriveva. Lui rispose: “Perché tutto questo sta per scomparire. Resteranno solo la prosa, la poesia, i libri. Senza libri il passato scomparirebbe, e non ci resterebbe nulla. Ci ritroveremmo soli, e nudi, su questa terra”. Non possiamo che condividere tale opinione.

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