Fare il pesce in barile, storia di un modo di dire

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Come è nata la locuzione ‘fare il pesce in barile‘? Viva ed espressiva, la lingua italiana offre modi di dire che si usano spesso con disinvolta familiarità, ma di cui si è spesso persa traccia del significato originario.

Uno di questi, d’ambito evidentemente ittico-marinaresco, è proprio quello di chi si comporti come pesce riposto in barile: muto e morto.

 

Fare il pesce in barile, un atteggiamento diffuso

Alzi la mano chi, almeno una volta nella vita, non abbia fatto con grande identificazione nella parte il pesce in barile. L’espressione sta a intendere l’atteggiamento di chi di fronte a una certa situazione faccia finta di nulla per evitare seccature, incombenze o per non schierarsi apertamente, rimanere neutrale, restare indifferente. Oppure è il comportamento di chi fortissimamemnte neghi o finga di non sapere, per timore delle conseguenze.

Non sarà un caso che spesso quest’espressione è usata in riferimento a rappresentanti della classe politica di ogni schieramento, o a chi in ambiti professionali o familiari eviti di esporsi.

 

Pesci nel barile, antica usanza dei pescatori

La locuzione affonda le sue origini in un preciso contesto. I pescatori, infatti, riponevano il pescato in barili gremiti che contenevano animali marini muti perché morti. Chi resta muto e fa il morto a volte lo fa per codardia. Mostrare di non vedere e non sentire nulla, di non accorgersi di quello che accade intorno, proprio come un pesce stipato in conserva dentro un barile, può far comodo.

L’espressione compare in un romanzo dello scrittore Enrico Pea, Il forestiero, del 1937. Può essere associata ad altri due modi di dire, stare come le acciughe nel barile ed essere muto come un pesce.

Che faccia il pesce in barile chi, per rimanere nella metafora ittica, non sappia che pesci pigliare, può essere. Di fatto è un atteggiamento elusivo della propria responsabilità.

 

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