Il naufragio del Peppinella: la domenica del corriere

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naufragio del peppinella

Direttamente dalle pagine sbiadite nel tempo del corriere dell domenica, la cronaca del naufragio del Peppinella e l’eroico gesto di un comandante

Rimettere in ordine una soffitta è sempre un viaggio nel tempo, soprattutto quando essa è appartenuta a genitori o nonni. Nel mio caso mi sono imbattuto in alcuni numeri della domenica del corriere, periodico naufragio del peppinellasettimanale che uscì in edicola in concomitanza con il corriere per tutte le domeniche dal 1899 fino agli anni 70. Fra questi numeri ingialliti, uno ha attirato particolarmente la mia attenzione, il numero 18 dell’anno 1958, che richiamava in copertina – magistralmente dipinta dal grande Walter Molino – la storia del naufragio del Peppinella. Ben lungi dall’essere celebre come altri naufragi (anche moderni, vedi quello della Concordia), poiché fortunatamente essa non causò un elevato numero di vittime, la storia del Peppinella è stata dai più dimenticata, così come il gesto eroico del suo comandante.
Ripercorriamola attraverso le parole del cronista dell’epoca.

Eroica fine di un lupo di mare. Un cargo italiano di 1447 tonnellate, il “Peppinella”, è affondato nella Manica in seguito a collisione con una grossa motonave norvegese, la “Sun Oak”. I 19 uomini dell’equipaggio si sono salvati. Unica vittima il comandante, capitano Giuseppe Martinovich, di 63 anni. Il valoroso ufficiale triestino vide tutti i suoi uomini saltare in mare mentre dalla motonave norvegese veniva calata la lancia che doveva raccoglierli. Martinovich non li ha seguiti. Egli ha voluto rimanere a bordo della sua piccola nave. Poi un’ondata violentissima lo ha travolto.

Il raffronto con il recente naufragio della nave Costa Concordia e l’operato del primo ufficiale di bordo probabilmente è balzato alla mente di tutti. Ma andando oltre questo scontato confronto, una riflessione sorge spontanea, non tanto sui “cattivi” che oggi pare siamo tutti bravi a riconoscere nel prossimo, ma sugli “eroi” moderni.
La tendenza a eroicizzare gesti che dovrebbero essere la normalità in una società civile, a caricare di elogi uomini che compiono il proprio dovere sul lavoro (n.b. a volte nemmeno tanto bene, ma non approfondiamo oltre), non soltanto a fronte del naufragio di una nave ma anche nella vita di tutti i giorni, è sicuramente indice del fatto che i veri eroi non esistono davvero più.
Grazie al capitano Giuseppe Martinovich del Peppinella per averci ricordato a distanza di quasi 60 anni chi sono i veri eroi.

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