Perchè si tocca il ferro per avere fortuna?

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Una delle tradizioni più consolidate dell’epoca contemporanea, soltanto tra i più scaramantici, è quella di toccare il ferro per avere fortuna. L’atto non ha soltanto una funzione apotropaica, ma serve come una sorta di buono auspicio per sé e per la propria casa. Ovviamente, come la maggior parte delle tradizioni, anche questa si eredita da una lunga storia di aneddoti e curiosità. Quindi, perchè si tocca il ferro per avere fortuna e perchè si dice “toccare ferro”?

Perchè si dice toccare ferro? La tradizione medievale dei ferri di cavallo

L’espressione “toccare ferro” intesa in senso scaramantico ha una radice che risale addirittura all’età Medievale, quando era tradizione servirsi dei ferri di cavallo per scacciare streghe e demoni. In effetti, l’espressione altro non è che l’abbreviazione della più lunga “toccare un ferro di cavallo”, caduta in disuso con i secoli.

Nel Medioevo, apporre un ferro di cavallo alla porta della propria abitazione o toccare un oggetto di ferro (non necessariamente un ferro di cavallo) era ciò che di più apotropaico esistesse: ponendo le due estremità dello zoccolo del cavallo verso l’alto, e inchiodando il ferro stesso alle porte dell’abitazione si poteva esser certi di essere protetti dalla venuta di spiriti maligni o streghe. Eppure, nonostante la tradizione di questi demoni sia praticamente scomparsa, quella del “toccare ferro” esiste ancora, ormai radicata nel pensiero scaramantico contemporaneo.

La leggenda di San Dustano e del diavolo

La tradizione medievale di apporre un ferro di cavallo alle porte di ogni abitazione, per scacciare streghe e spiriti maligni, deriva – con molta probabilità – da una leggenda molto in voga in quell’epoca, riguardante San Dustano e il diavolo. La leggenda inglese parla del primo dei due, un fabbro, che avrebbe dovuto fabbricare uno zoccolo caprino per il diavolo; Dustano riconobbe l’entità maligna, nonostante fosse sotto mentite spoglie, e acconsentì di fabbricare il ferro di cavallo, approfittando della ferratura per prendere a martellate il demonio, finchè quest’ultimo non lo implorò di lasciarlo andare. Il fabbro risparmiò il diavolo, a patto che non comparisse più in nessun luogo che fosse contraddistinto da un ferro di cavallo.

Eppure, la credenza medievale potrebbe nascere da un’altra connotazione data al ferro di cavallo, tutt’altro che leggendaria: per la sua somiglianza all’organo genitale femminile, il ferro avrebbe funzione apotropaica in quanto capace di distrarre – grazie alle tentazioni sessuali – dal pensiero del “malocchio”, dando pace e tranquillità a chi si sente invaso dalla malignità. In effetti, prima che fossero banditi per il loro essere troppo espliciti, alcuni simboli di genitali femminili venivano raffigurati (in modo totalmente realistico) all’esterno di chiese e altri edifici religiosi, per far sì che demoni o altri spiriti maligni fossero catturati dall’attenzione per quei simboli.

Toccare legno e la tradizione dei paesi nordici

Una tradizione analoga a quella del toccare il ferro, e presente soprattutto nelle popolazioni nordiche, è quella di toccare legno. La tradizione è radicata soprattutto nelle civiltà nordiche a causa di un influsso storico che risale ad alcune tradizioni pagane, come quella celtica. All’interno degli alberi, secondo alcune credenze, risiedevano fate, spiriti benigni, driadi ed altre creature mitologiche, in grado di destinare favori a chi li chiedeva. In questo modo, bussando alla corteccia di un albero si poteva invocare il supporto di una divinità o di uno spirito; bussando una seconda volta, invece, si compiva una doppia azione: si ringraziava la creatura invocata e si teneva lontano il segreto da una creatura maligna, che poteva interferire negativamente con il desiderio.

Ovviamente, il legno – visto come simbolo rappresentante la Croce di Cristo – è molto caro alla tradizione cristiana, che vede nel legno il simbolo sì del martirio, ma anche della salvezza dell’umanità e della resurrezione del profeta. Invocare la croce lignea, quindi, nel Medioevo serviva a offrire riparo dalle sventure. Un’ultima spiegazione possibile risiede nella quercia: soprattutto nelle native popolazioni americane, la quercia era oggetto di vera e propria venerazione. L’albero, infatti, anche se colpito dal fulmine era in grado di sopravvivere grazie alla sua solida corteccia che la contraddistingue. Per questo motivo, quindi, affidarsi alla quercia voleva dire cercare riparo dalle sventure.

Comunque lo si intenda, il “knock on wood” – espressione inglese per toccare legno – ha lo stesso valore del toccare ferro, anche se ha una radice tutt’altro che italiana.

Tocco e ritocco nella novella di Franco Sacchetti

In generale, il tocco – non soltanto di un ferro di cavallo, di un oggetto di ferro in generale o di legno – ha sempre avuto, nella storia, una funzione apotropaica. Ancora oggi, nella maggior parte delle culture, la superstizione predilige il tocco come modalità per augurare fortuna o, nella peggiore delle ipotesi, per scacciare il malocchio.

Testimonianza di questo atteggiamento superstizioso è data in una novella di Franco Sacchetti, ambientata nella Firenze del XIV secolo. All’interno della novella si apprende l’arte del “ritocco”, ereditata direttamente da Lapaccio di Geri di Montelupo, superstizioso: «Quando uno gli avesse detto: “Il tale è morto”, e avesselo ritocco con la mano, subito volea ritoccare lui;  – afferma Sacchetti – e se colui si fuggía, e non lo potea ritoccare, andava a ritoccare un altro che passasse per la via, e se non avesse potuto ritoccare qualche persona, averebbe ritocco o un cane, o una gatta;

E ancora: «e se ciò non avesse trovato, nell’ultimo ritoccava il ferro del coltellino; e tanto ubbioso vivea che se subito, essendo stato tocco, per la maniera detta,- infine – non avesse ritocco altri, avea per certo di far quella morte che colui per cui era stato tocco, e tostamente

 

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