Razzismo, perché non facciamo discriminazioni per i bambini?

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Gli episodi di razzismo sono all’ordine del giorno ormai, e qualche volta anche a noi è capitato di discriminare alcune persone che non hanno i nostri stessi caratteri somatici. Eppure le foto dei bambini di colore ci riempiono il cuore di gioia e ci fanno esclamare parole tenere e dolci. Perché non discriminiamo i bambini? La risposta in una ricerca italiana del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca.

Cervello programmato

Non siamo razzisti con i bambini perché il nostro cervello ci invia dei segnali che ci impediscono letteralmente di discriminarli. Il cervello infatti è “programmato” per avere cura dei bambini piccoli, sino a 3 anni, indipendentemente dal colore della pelle. Dopo i tre anni scatta l’effetto “Other-race” che ci fa riconoscere i volti diverso dal nostro. Lo studio dei ricercatori milanesi ha dimostrato che i volti dei bambini tra 6 mesi e 3 anni, che hanno una conformazione fisica diversa (occhi grani e guance paffute), stimolano la regione del cervello dove sono localizzati l’istinto materno/paterno e altri stimoli positivi come “l’amore parentale”.

Senso di protezione

Alice Mado Proverbio e Valeria De Gabriele sono le autrici di questa ricerca riportata su Focus. Secondo lo studio della Milano-Bicocca il cervello umano è davvero programmato per prendersi cura dei bambini a prescindere dalla loro etnia e ignora le informazioni razziali, il pregiudizio e di conseguenza il comportamento cambia davanti a soggetti adulti, dal piacere e dalla tenerezza si passa all’odio e al razzismo. Il senso di protezione per i bambini può essere generalizzato per i cuccioli di altre specie ed è frutto di un meccanismo cerebrale che non possiamo controllare perché innato.

Esiste la distinzione razziale?

Il presidente della Repubblica Mattarella ha deciso di fare un “regalo” al Ministro Salvini facendolo “accogliere” al Colle da un corazziere di colore. Ovviamente si è trattato di pura coincidenza, sui social tutti si sono scatenati a tal punto che Salvini è intervenuto ringraziando gli immigrati regolari e per bene. Il corazziere di colore ha 29 anni e vive in Italia da 28 anni, è stato adottato insieme alla sorella da una famiglia siciliana. Quando accaduto al Colle riaccende i riflettori sul razzismo e sulla distinzione razziale. La ricerca di cui abbiamo parlato spiega chiaramente che davanti ad un bambino (sino a 3 anni di età) il nostro cervello non riceve segnali negativi. Quando il bambino cresce vediamo il diverso.

Precisiamo subito: la distinzione razziale dal punto di vista scientifico non esiste. Sono state le migrazioni degli antenati che hanno “mescolato” i geni. Parlare di razzismo, discriminazione, distinzione razziale non è semplice al giorno d’oggi, per questo è meglio affrontare la questione con delicatezza per non offendere nessuno. Il termine “razza” per gli esseri umani non esiste perché non siamo stati isolati geograficamente come gli animali che hanno specie distinte. L’uomo è in movimento e le varietà genetiche si “diluiscono”. Il genetista Luca Cavalli-Sforza ha demolito il concetto di razza perché le civiltà non sono isolate, ci sono stati scambi di geni tra individui di aree geografiche diverse.

L’idea di razza

Il primo genetista della storia, Richard Lewontin, ha smentito l’esistenza delle razze umane, le differenze tra le popolazioni esistono solo nella nostra testa, e facciamo fatica ad abbandonare questo pregiudizio a causa della nostra storia culturale ed evolutiva. Le differenze fisiche sono evidenti, ma a queste si accompagnano anche quelle psicologiche e comportamentali sin dalla fine del XV secolo, quando il colonialismo ha spinto gli uomini in tutti gli angoli del mondo. Gli antropologi hanno iniziato a catalogare le razze, un’idea molto potente che ha portato, per esempio, alla nascita della schiavitù in America. Le popolazioni africane venivano deportate perché appartenevano ad una razza intellettualmente inferiore a quella americani. La classe intellettuale dell’epoca hanno rafforzato gli stereotipi, una lunga storia durata più di un secolo.

Abbiamo tutti gli stessi geni

Conosciamo il DNA umano, la scienza ha fatto passi da gigante in questo senso, le differenze tra “razze” sono solo delle sfumature dal punto di vista genetico. Ogni uomo è biochimicamente simile ad un altro per il 99,5%, la percentuale varia a seconda della distanza, inoltre una popolazione mantiene il 90% della variabilità genetica. Distinguere è un’abitudine umana e bisogna andare indietro nella storia, al V secolo, quando gli ateniesi erano divisi in “greci” e “barbari”, una visione bipolare simile a quella di “noi” e “loro”, “italiani” e “immigrati”. Chi è razzista, lo è solo per paura, se ci pensate, le cose che non conosciamo ci spaventano. E noi dei disperati che arrivano sui barconi non sappiamo niente, come non sapevano niente gli americani che ci vedevano arrivare tutti sporchi e puzzolenti con in mano una valigia di cartone.

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