Codici a barre, come sono fatti e come vengono utilizzati

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codici barre

In ambito commerciale si tratta di uno strumento piuttosto diffuso e che si può considerare a tutti gli effetti rivoluzionario. Stiamo facendo riferimento al codice a barre: per chi non lo sapesse, si tratta di un codice che è formato da diversi elementi grafici ad elevato contrasto, che è applicato sulle confezioni di ogni prodotto e si sfrutta per ottenere le relative informazioni.

La lettura dei codici a barre può avvenire unicamente sfruttando un apposito macchinario, denominato bar code. Si tratta di una sorta di scanner che permette di provvedere alla decodificazione di tutte le informazioni che sono presenti all’interno del codice. Quindi, quando si parla di codice a barre, si tratta di un simbolo che comprende varie sequenze di info, di ogni tipo, ma in modo particolare che si riferiscono alla tracciabilità e al marketing,

Come sono nati i codici a barre

L’idea di realizzare i codici a barre la ebbero due americani. Si tratta di Bernard Silver e di Norman Woodland. Il brevetto venne definito nel lontano 1952: i codici a barre servivano come strumento per rendere automatiche le operazioni di cassa non solo delle industrie, ma anche di tantissime aziende.

Prima che venne lanciato il codice a barre sul mercato, veniva impiegato un sistema di tutt’altro tipo, rappresentato dal codice Morse, che veniva stampato e poi esteso in senso verticale. Ad ogni modo, gli anni appena successivi al lancio del codice a barre non furono così esaltanti, dal momento che in commercio non c’era nessun tipo di metodo di illuminazione fotomoltiplicatore con la capacità di trasmettere una fonte luminosa a tal punto intensa che potesse garantire una lettura immediata del codice. Anzi, a dire la verità c’era effettivamente un sistema di illuminazione in grado di garantire una simile funzione, ma era fin troppo costoso a quel tempo.

Lo sviluppo della tecnologia laser, però, offrì una grande possibilità, ovvero quella di provvedere alla realizzazione di lettori di codici a barre a dei prezzi decisamente più bassi. Finalmente, poteva essere avviata in maniera massiva la lettura dei codici. Finalmente, negli anni Settanta, i codici a barre divennero una tecnologia diffusa praticamente in tutto il mondo.

Le principali tipologie di codici a barre

Come si può facilmente intuire, la tecnologia, con il passare del tempo, ha portato alla realizzazione di varie tipologie di codici a barre. Le prime due categorie a cui fare riferimento sono quelle relative ai codici lineari e a quelli bidimensionali.  

Tra i codici a barre unidimensionali maggiormente diffusi troviamo quelli denominato Upc oppure i codici a barre EAN. Nel primo caso, si tratta di codici a barre che vengono impiegati in modo particolare in alcuni Paesi, come ad esempio Usa, Nuova Zelanda, Australia e Regno Unito. I codici a barre Upc si possono differenziare in codici UPC-A e codici UPC-E. La differenza è molto semplice da intuire, dal momento la prima categoria consente di codificare al massimo 12 cifre, mentre nel secondo caso vengono codificate al massimo sei cifre numeriche.

I codici a barre EAN, invece, si caratterizzano per essere impiegati in maniera massiva nel settore della grande distribuzione in tutto il pianeta, e in modo particolare nel Vecchio Continente. I codici a barre EAN presentano un gran numero di somiglianze con i codici Upc. Anche in questo caso, ci sono due sottocategorie, ovvero i codici EAN 13 e i codici 8 EAN.

I codici a barre bidimensionali, dal canto loro, sono in grado di immagazzinare un quantitativo notevolmente maggiore di informazioni. Il tipo di codice a barre 2D maggiormente diffuso e conosciuto è senz’altro il codice QR. Numerose le peculiarità di questi ultimi, tra cui il fatto di poter essere letti velocemente, hanno una notevole tolleranza con gli errori e si possono adeguare anche su superfici di dimensioni molto ridotte.

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