Ricerca scientifica ‘salvatrice’ di molte vite: infografica

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Le vite salvate dalla ricerca scientifica

Le vite salvate dalla ricerca scientificaGeneralmente, gli uomini tendono a concentrarsi sulla morte e sulle sue cause, dando invece poca rilevanza agli effetti del progresso scientifico, della prevenzione e delle nuove terapie. In sostanza si dice poco riguardo alle tante vite salvate dalla ricerca scientifica. Invece il tema dovrebbe essere affrontato più spesso, anche in tv e sul web, perché la ricerca scientifica non significa solo laboratori e studiosi che lavorano dalla mattina alla sera, ma anche vita.

L’infografica di Medigo.com

Un’infografica che ci ha gentilmente fornito medigo.com evidenzia il grande numero di vite salvate dalle scoperte tecnologiche e dalla ricerca scientifica.
MEDIGO – Scoperte che salvano la vita

Dall’infografica si evince l’ingente ‘quantum’ di vite salvato dal progresso scientifico. Nel 1979 il vaiolo, che causò più vittime di stragi, guerre e atti terroristici, venne finalmente debellato in tutto il mondo. Merito soprattutto delle ricerche di Edward Jenner, che iniziò a testare un vaccino antivaiolo alla fine del ‘700. L’arguto studioso riuscì a salvare centinaia di milioni di vite. Le scoperte fatte nel campo dell’agricoltura e della scienza e i vaccini hanno permesso a tante persone di non morire prematuramente e, quindi, di condurre una vita sana e normale. Recentemente, il dibattito sull’efficacia dei vaccini è stato riacceso dall’approvazione, in Italia, del decreto sull’immunizzazione obbligatoria dei bimbi che vanno a scuola. Per molti si tratta di una mera lesione della libertà dei cittadini, per altri una scelta responsabile per evitare la riemersione di patologie che si consideravano ormai debellate.

Il parere di Carlo Manfredi

Sebbene il fronte dei no vax sia alquanto folto, il Ministero della Salute, recentemente, ha voluto sancire l’obbligatorietà delle vaccinazioni per i bimbi che vanno a scuola. In sostanza, i bimbi che non verranno vaccinati non potranno andare a scuola. Un obbligo ritenuto ingiusto dal fronte no vax. Non la pensa così, invece, l’esperto Carlo Manfredi. Questo, nel corso di una lunga intervista, ha ricordato che la bassa immunizzazione dei piccoli rischia di far tornare molte malattie che si ritenevano estinte. Un timore ventilato più volte recentemente anche dall’Istituto superiore di sanità. Il problema è che molti personaggi dello spettacolo e dello sport, come Red Ronnie e Robert De Niro, influenzerebbero l’opinione pubblica sul tema. Ricordiamo che sia Ronnie e De Niro sono fervidi antivaccinisti. L’attore e regista americano, infatti, aveva ammesso al Tribeca Film Festival anche  il discusso film ‘Vaccinati: dall’insabbiamento alla catastrofe’, diretto da Andrew Wakefield, ma le innumerevoli polemiche lo indussero a disporre il suo ritiro dal noto festival. Il motivo? La pellicola si concentra sul presunto legame tra vaccinazioni e autismo.

Vaccini e autismo

Sebbene negli ultimi anni siano aumentati i casi di autismo, non è stata mai accertato un legame tra le tantissime dosi di vaccino somministrate e l’autismo. I motivi del disturbo sarebbero ben altri. Secondo Manfredi i vaccini di oggi sono efficaci e sicuri e, proprio per questo, molti tendono a soffermare la loro attenzione più sui presunti effetti negativi che sulla loro utilità. Molti, insomma, dimenticano che proprio grazie alle vaccinazioni sono state salvate moltissime vite. Se diminuisce la copertura vaccinale c’è il rischio del sopravvento di patologie ritenute ormai ‘assopite’, con conseguenze dannose nella comunità.

Ricerca scientifica: in Italia pochi fondi

Favorevoli e contrari ai vaccini, in questi giorni, espongono le proprie ragioni. Il dibattito va avanti. Intanto lo Stato italiano si mostra favorevole all’obbligo dell’immunizzazione dei più piccoli, con buona pace dei no vax. La ricerca scientifica va avanti. Tantissimi medici e ricercatori, ogni giorno, lavorano alacremente per migliorare la vita della collettività, per contrastare patologie che, ancora, non sono state debellate come il cancro, il Parkinson e l’Alzheimer. Il lavoro dei ricercatori è encomiabile. Peccato che in Italia la ricerca scientifica non sia molto valorizzata dalle istituzioni. Stranamente, quella del Belpaese è la una delle migliori dell’Ue ma è pressoché priva di fondi. Come mai? I politici dovrebbero ricordare che investire nella ricerca scientifica significa investire nel futuro, ovvero garantire il benessere delle generazioni future. Nel corso di un convegno che si è svolto lo scorso febbraio a Roma è emerso che la ricerca scientifica italiana patisce ancora molto la carenza di finanziamenti. Ciò non può che stupire, visto che da molti dati si evince che investire nella ricerca scientifica comporta utili elevati per lo Stato. Ne è certo anche Nicolò D’Amico, presidente dell’Inaf (Istituto nazionale d’astrofisica): ‘Gli investimenti generano un ritorno industriale pauroso… Negli ultimi 10-15 anni c’è stato un ritorno per l’industria nazionale, che lavorano in sinergia con noi (per la costruzione di telescopi, specchi, tecnologie) nell’ordine di 800 milioni di euro’. Fanno eco alle parole di D’Amico anche quelle di Giovanni Bignami (ex presidente dell’Agenzia spaziale italiana), secondo cui in Europa il settore Spazio rappresenta un grande investimento: per un dollaro investito ne ritornerebbero almeno 3.

Nonostante la ricerca scientifica italiana sia una vera eccellenza in Europa e nel mondo, lo Stato italiano investe poco in Ricerca e Sviluppo, comunque meno della media europea. Non solo: il numero di ricercatori è inferiore rispetto alla media europea. Cosa vuole dire tutto ciò? Che in Italia c’è un timore ad investire in settori importanti, che fanno bene alla popolazione e all’economia. Sembra un paradosso ma è così. I burocrati temono di stanziare ingenti somme di denaro per la ricerca scientifica perché, in genere, è un settore che non ha un ritorno tempestivo. Bisogna attendere anni, o forse decenni prima di vedere i frutti degli investimenti.

A nessuno piace lavorare gratis, tantomeno ai ricercatori

In Italia non si curano i ricercatori, non gli si dà spazio. E poi parlano e deridono i ‘cervelli in fuga’. A nessuno, tantomeno a chi ha studiato per molti anni, piace lavorare praticamente gratis. Le università italiane, oggi, tendono a formare quelli che saranno validi ricercatori o, magari, direttori di centri di ricerca in altri Paesi. In Italia chi vuole intraprendere la splendida carriera di ricercatore deve sapere che la strada che ha davanti non è certamente priva di ostacoli. Le ricompense saranno soprattutto morali, piuttosto che economiche. E’ desolante affermare ciò. L’estro italiano, comunque, va al di là dei denari. Chi fa il ricercatore non cerca certamente fama o soldi ma migliorare il mondo, fare del bene agli altri. Non è un caso, ad esempio, che la produzione scientifica italiana ha una qualità elevata in confronto agli scarni investimenti pubblici e privati.

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