Robin Hood Tax per generare equità e aiutare i poveri

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Robin Hood Tax in Europa

Molti sperano che quella che è stata ribattezzata la ‘Robin Hood Tax’, ovvero la Tassa sulle Transazioni Finanziarie venga introdotta in Europa. Tutto si dovrebbe decidere il prossimo 17 giugno, quando si riuniranno i rappresentanti delle 10 nazioni della cooperazione rafforzata, tra cui l’Italia. Si deciderà, insomma, se far pagare al sistema finanziario un equo contributo alla nazione. La Robin Hood Tax è una tassa equa, che elimina disparità e aiuta le categorie più deboli della società. Diverse associazioni e movimenti, come la Comunità Giovanni XXIII, sostengono una campagna per sollecitare una rapida introduzione della Tassa sulle Transazioni Finanziarie. Tali organizzazioni hanno dichiarato:

“Le risorse raccolte dalla TTF europea, stimate in circa 6 miliardi di euro l’anno solo per l’Italia, potrebbero essere destinate per creare occupazione, finanziare servizi pubblici e contrastare povertà estrema, epidemie e cambiamento climatico”.

La Comunità Papa Giovanni XXIII ed altre associazioni che hanno promosso la campagna ZeroZeroCinque hanno chiarito in una nota congiunta:

“L’adozione di una tassa sulle transazioni finanziarie sarebbe finalmente un passo decisivo per tutelare l’economia dalle bolle speculative della finanza che si ripercuotono ciclicamente ed in modo devastante sull’economia reale”.

Bisogna sottrarre agli speculatori per ridare ai cittadini, per permettere di respirare ai meno abbienti. Le istituzioni nazionali ed internazionali devono capirlo e speriamo che il prossimo 17 giugno si faccia qualcosa di concreto in merito. C’è bisogno di redistribuire la ricchezza dai profittatori agli indigenti. C’è bisogno di equità sociale. Ovviamente, a molti magnati la TTF non va giù. 5 anni fa, Andrea Baranes, portavoce della campagna 005, esclamò davanti a Montecitorio:

“Chiediamo ai leader europei di introdurre una tassa sulle transazioni finanziarie, capace di moderare gli eccessi delle speculazioni e di generare un gettito rilevante per finanziare le politiche sociali, il welfare, la cooperazione internazionale, e la tutela dell’ambiente”,

Non si tratta di un’idea rivoluzionaria ma una rielaborazione di quello che, anni fa, avevano pensato personaggi del calibro di Keynes e Tobin, ovvero l’introduzione di un’imposta (esigua) sulla compravendita di azioni, obbligazioni, derivati, e sulle operazioni di cambio di valuta per arginare la speculazione e ripartire il denaro tra i piani di sviluppo e le casse pubbliche. E’ intuibile come una tassa del genere penalizzerebbe essenzialmente i grossi speculatori, ovvero coloro abituati a compiere una miriade di operazioni in poco tempo; per ogni operazione, infatti, dovrebbero versare un contributo. L’economista austriaco Stephan Schulmeister sostiene che un’imposta dello 0,05% prevista solo in Europa farebbe entrare nelle casse pubbliche ben 350 miliardi di dollari. Non poco, no?

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