Dipendenza da videogiochi è disturbo mentale
Da Redazione
Marzo 16, 2018
Secondo l’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) i videogiochi possono danneggiare la salute. Non è un caso che gli esperti della suddetta organizzazione abbiano deciso di includere il ‘game disorder’ nella categoria ‘disordini dovuti a comportamenti di dipendenza’ del compendio diagnostico International Classification of Diseases. Uno dei componenti del Dipartimento di salute mentale e abuso di sostanze dell’Oms, Vladimir Poznyak, aveva spiegato ai microfoni del New Scientist che la dipendenza da gioco rientra tra i disturbi mentali, insomma è qualcosa che altera la psiche umana: ‘Gli operatori sanitari devono riconoscere che la dipendenza da videogiochi può avere conseguenze molto serie per la salute. La maggior parte dei gamers non ha questo problema, come la maggior parte delle persone che consumano alcol non lo fa in modo patologico.Tuttavia in alcune circostanze l’abuso può portare a effetti avversi’.
Giocatori malati?
Non è detto che chi gioca, anche spesso, abbia un disturbo mentale; quindi non è detto che tutti gamers siano malati. Nel compendio diagnostico dell’Oms vengono individuate delle condizioni in presenza delle quali si può parlare di disturbo da gioco. Generalmente i dipendenti dai videogiochi perdono il contatto con la realtà che li circonda, non pensano più a nulla fuorché i videogiochi. I tempi e gli scopi dei videogiochi ‘assorbono’ il gamer e lo allontanano dalla realtà, dalle amicizie e dai parenti. La priorità assoluta per il giocatore diventa il videogame. Ecco, proprio quando accade questo si può parlare di disturbo mentale. Il giocatore non si cura più neanche di dormire mangiare. Il gioco è tutto nella sua vita.
La dipendenza da smartphone e tablet è un disturbo mentale?
Poznyak ha asserito che la recente scelta dell’Oms è frutto di numerose ricerche, osservazioni e interpellanze a grandi esperti nel campo. Dopo svariate ricerche, gli studiosi dell’Oms hanno scoperto che sussistono prove scientifiche per ritenere la dipendenza da gioco un disturbo mentale. L’Oms non ha incluso però nell’elenco la dipendenza da smartphone e tablet. Come mai? Per Poznyak l’assenza di tale dipendenza è dovuta al fatto che ancora non sussistono abbastanza prove scientifiche per ritenere anche tale ‘addiction’ una problematica di salute mentale.
Non tutti però sono d’accordo con l’Oms, sostenendo che ci sono prove che dimostrano il contrario, ovvero che giocare con i videogames non è pericoloso e l’abuso non rappresenta un problema di salute mentale. Andrew Przybylski, esperto dell’Internet Institute della Oxford University, ha cercato di scoprire l’eventuale legame tra la dipendenza da videogiochi e disturbi mentali ma non ha trovato, alla fine, nulla di rilevante. Non condivide l’assunto dell’Oms l’American Psychiatric Association (Apa), che diversi anni fa aveva mostrato 9 sintomi che potevano esprimere un disturbo da videogame, come asocialità, astinenza e agitazione. L’APA, dopo aver svolto diverse ricerche, aveva concluso che non esistono risultanze valide per bollare la dipendenza da videogiochi come un disturbo mentale. A sostenere tale assunto sono stati anche alcuni studiosi della Cardiff University, secondo cui non si può parlare di dipendenza neanche quando si gioca troppo. Il motivo? L’atteggiamento potrebbe essere conseguenza di un’insoddisfazione nata in altri ambiti della vita dei gamers.
Videogiochi: pro e contro
Da sempre oggetto di studi e dibattiti, i videogiochi hanno molti sostenitori e acerrimi nemici. Insomma c’è chi li odia e chi li ama. Chi li detesta tende a dire che favoriscono obesità, depressione, ansia e introversione. Molti esperti sostengono anche i videogames favoriscano l’epilessia ed altri che, all’opposto, allenino il cervello, migliorando le capacità cognitive e mnemoniche dei ragazzi. C’è chi esalta specialmente i cosiddetti ‘brain games’, ovvero i giochi nati per migliorare le capacità di apprendimento e cognitive. Un team di studiosi dell’Università del Michigan ha tentato di scoprire se e quanto i giochi online siano in grado di migliorare le performance intellettive dei giovani, specialmente il ragionamento, l’apprendimento e la comprensione. I risultati sono stati molto interessanti. I ricercatori hanno notato che i bimbi che avevano giocato, per 3 mesi, con i ‘brain games’ riuscivano a risolvere con estrema disinvoltura, rispetto a quelli che non avevano giocato, test sulla capacità di risolvere problemi e sul ragionamento astratto. Tuttavia, hanno osservato gli esperti americani, ‘le differenze individuali nel campo della formazione hanno influenzato le prestazioni dei bambini nei test di intelligenza’.
Se un bimbo chiede di passare un po’ di tempo con i videogames, i genitori non devono essere rigidi. La moderazione è sempre la chiave di riuscita. Allenare il cervello è un bene come l’allenamento fisico. E i giochi, specialmente i ‘brain games’ fanno bene al cervello dei piccoli. Con il gioco giusto i bimbi potrebbero incrementare molto le loro performance cognitive e migliorare il loro rendimento scolastico. Se un genitore si accorge che il figlio si sente stanco dopo aver trascorso molto tempo con i videogiochi che cosa deve fare? Se compaiono i sintomi della dipendenza dai videogames, come ci si deve comportare? Innanzitutto, riportiamo alcuni consigli per scongiurare tale dipendenza:
- Non passare più di 30 minuti davanti allo scherm
- Prediligere giochi che stimolano la mente, non quelli connotati da rapide sovrapposizioni di immagini, ovvero giochi che favoriscono crisi convulsive
- La distanza tra i bimbi è il pc dovrebbe essere di circa 60-80 cm
- I genitori non devono mai usare i videogiochi come merce di scambio o ricatto
- Papà e mamma devono subito allontanare i figli dal pc quando notano i sintomi di dipendenza da videogiochi, come stanchezza visiva e mentale
Bimbi under 7: videogames sì o no?
Spesso molti genitori si domandano se i bambini che hanno meno di 7 anni dovrebbero usare i videogiochi. E’ un bene o un male l’utilizzo dei videogames in tenera età? Manuela Arenella, psicologa e psicoterapeuta specializzata in psicoterapia dell’infanzia e dell’adolescenza, ha spiegato: “I videogiochi, come i giochi con favole registrate, DVD o simili, non permettono al bambino di attivare le proprie risorse creative, perché il processo su cui si basano è già compiuto in sé. Il bambino non può dare nessun apporto creativo, ma può solo seguire il percorso già predeterminato dall’attività, con il rischio che venga ‘risucchiato dentro’, come incantato, anestetizzato, senza avere però nessuna possibilità di ‘personalizzare’ il gioco affinché possa rispondere alle sue esigenze emotive. Detto questo, a mio avviso, a 5 anni sarebbe utile non permettere questo tipo di giochi, ma stimolare il bambino a ‘creare’ il suo gioco (di solito i giocattoli migliori sono quelli che ci si costruisce da soli, usando materiale povero), a sentire cosa ha voglia di fare e, perché no, anche ad annoiarsi! Mi rendo conto che al giorno d’oggi i videogiochi sono molto utilizzati come ‘sedativi’ o ‘baby sitter’ virtuali (i ristoranti sono pieni di bambini che al tavolo ingaggiano battaglie solitarie per passare ai livelli successivi, mentre gli adulti si godono la cena!), ma questo rischia di intaccare la relazione, rischia di creare bambini ‘spenti’ (o che faticano a tollerare lo star seduti a tavola o la noia) e adulti che faticano sempre più a stare con i propri figli, a conoscerli profondamente. Ovviamente non stiamo demonizzando i videogiochi in sé ma l’abuso che talvolta se ne fa. Verso i 7-8 anni si può iniziare a concedere questo tipo di gioco ma limitando il tempo a mezz’ora al giorno. Stessa cosa vale per la TV”.
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