“Mannaggia a Bubbà”: significato dell’esclamazione partenopea tra le più famose

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La cultura napoletana, come sappiamo, non manca di particolari modi di dire che sostituiscono imprecazioni altrimenti volgari e indecenti. Non a caso infatti, al contrario degli altri dialetti italiani, le dicerie napoletane non mancano assolutamente mai di rispetto all’area sacra della cultura: tocca tutto ma non toccare Dio e i Santi.

Se infatti la bestemmia non è mai accettata come imprecazione nella nostra lingua, anzi, ma appartiene tuttavia alle imprecazioni nelle altre regioni, i partenopei non amano per natura sfoghi indecenti e blasfemi.

Mannaggia a Bubbà: da dove proviene

Per sostituire quindi in un detto maldicente un Santo o Dio stesso, nella lingua napoletana viene tirato in ballo un certo Bubbà: una figura, legato a leggende e miti, che si aggirava nei quartieri di Napoli qualche secolo fa. La tradizione partenopea ritiene che Bubbà fosse un uomo senza scrupoli, in grado di gettarsi a capofitto in qualunque forma di truffa e azione contraria ai dettami della società. Insomma sarebbe il nostro odierno delinquentello, uomo sfacciato e senza scrupoli.

Un libro dedicato al detto Mannaggia a Bubbà

Il detto ha scatenato per giunta la fantasia del saggista Luciano Galassi il quale nel suo libro “Mannaggia a Bubbà”, sostiene che il termine “mannaggia” è un intercalare napoletano derivato da “male n’aggia” (che riceva del male).

Motivo per cui è scontato che il male venga augurato a questo fantomatico Bubbà, così malevolo e fastidioso. Ecco che, il truffatore maledetto in qualche quartiere di Napoli secoli fa ha ancora oggi tanta fama da essere tirato in ballo quando qualcosa va male, come se fosse lui il motivo eterno dei problemi dei napoletani, tanto da raccogliere su di sé le imprecazioni di tutta la cultura campana

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