Scontrino sardo diventa virale: l’amore per le proprie radici

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scontrino-sardegna-linguaRecarsi a un bar sardo, ricevere uno scontrino e notare che è tutto scritto in sardo. Neanche l’ombra dell’italiano. Il cliente del bar ‘Genia’ a Oliena, in provincia di Nuoro, non ha resistito ed ha postato subito la foto dello scontrino sui social. Lo scatto, inutile dirlo è diventato virale. Quella foto è stata condivisa molte volte, incassando anche tantissimi ‘like’. Alla titolare del bar di Oliena, Eugenia Vacca, non sembra che ci sia nulla di strano. La donna è titolare del bar da 34 anni ed è attaccata alle sue radici e alla sua lingua. L’idea degli scontrini sardi le è venuta qualche anno fa, quando aveva acquistato un nuovo registratore di cassa. Non bastavano, dunque, i cartelli stradali con i nomi delle località in sardo, adesso arriva il primo bar che rilascia scontrini in sardo, su cui appaiono scritte come ‘Rifrishu’, ‘Pittitos’ e ‘A mengius viere in salude’.

La lingua sarda va tramandata

La titolare del bar sardo ha spiegato ai microfoni dell’Ansa il motivo per cui ha scelto di rilasciare gli scontrini completamente in sardo: “L’idea mi è venuta quando ho sostituito il registratore di cassa, sia per il mio attaccamento alle radici e alla lingua sarda sia per divertimento. Volevo sottolineare che la lingua deve essere parlata e scritta per non perderla, ma volevo anche divertirmi con i miei clienti di Oliena e del circondario che mi prendono in giro per la mia ostinazione a rivolgermi loro in ‘olianese’. Non mi passa per la testa di chiedere ad esempio se bevono la birra in bicchiere o al bacio: per me la birra si beve ‘in sa tassa’ o ‘a fruncu’. Ogni termine antico che scopro dai nostri anziani me lo segno e lo ripropongo per tenerlo vivo. Ritengo che la lingua sarda vada tramandata, sia insegnandola ai bambini, sia parlandola e scrivendola. Ma senza estremismi, se mi accorgo che un cliente non conosce il dialetto non gli parlo in sardo naturalmente. Noto che le cose anche da noi stanno cambiando: alcuni genitori parlano in italiano ai loro bambini, molti ragazzini ‘miscelano’ le parole sarde con quelle italiane e sempre più spesso utilizzano termini inglesi. Io penso che ogni genitore deve essere libero di insegnare ciò che vuole ai propri figli e di parlare la lingua che vuole, anche se non condivido le loro scelte. Faccio parte di una generazione che è cresciuta parlando il sardo, e l’italiano lo abbiamo imparato benissimo sin dalla scuola materna. Perché privare i bimbi della possibilità di conoscere un’altra lingua e del valore importantissimo del tramandarla?”.

Contenta dal grande interesse per lo scontrino sardo

Genia è perplessa per il clamore suscitato dalla sua scelta ma è contenta che tutti ne parlino: ‘I clienti vengono al bar solo per avere lo scontrino in sardo e conservarlo, ma questo però succedeva anche prima. La cosa che mi interessa di più è che passi il messaggio: la lingua si può usare e tramandare anche in questo modo’. Condividerà certamente la scelta della signora Genia anche Dario Piga, 42enne originario di Perfugas, paesino sardo, che insegna da vari anni la lingua sarda nella Repubblica Ceca. Dario, dopo la laurea in Lettere e Filosofia all’Università di Perugia, ha viaggiato molto, portando la Sardegna sempre nel suo cuore. Piga vive da anni a Brno, popolosa città della Repubblica Ceca, con Liba, la sua partner. Dario e Liba hanno avuto un figlio, che riesce a parlare e comprendere varie lingue e dialetti, tra cui, ovviamente, il sardo perfughese.

Il quarantenne sardo tiene un corso di lingua sarda all’Università di Masaryk e dice riguardo all’amore per la sua terra e la lingua sarda: ‘La passione nasce da quando avevo circa 15 anni. Mi ricordo che ero abbonato alla rivista di poesia S’Ischiglia, ma dopo cancellai l’abbonamento perché la rivista per quanto interessante era concentrata sulla poesia sarda come fosse l’unica forma vivente del sardo, mentre io ritenevo che per me era più interessante vedere la poesia sarda vincolata alla lingua sarda e non il suo contrario così come appariva su questo tipo di editoria. A quei tempi già pensavo di studiare linguistica per diventare una sorta di medico della lingua, dato che il sardo stava morendo piano piano. Insomma, la volevo salvare! Nell’università ceca i programmi universitari sono più liberi rispetto all’Italia e per me è stato sufficiente un’intervista con il vice-rettore di allora, il professor Jan Pavlík, per iniziare questa avventura. Niente di più, niente di meno’.

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